giovedì 4 febbraio 2016

IL POSTO IN CALDO














(LA PALESTRA parte seconda)

Seconda puntata per la definizione del regolamento dei quartieri.

Nel frattempo, dopo l’ultimo post “la palestra”, è uscito un pezzo su un giornale locale che ha riassunto alcune delle posizioni a riguardo.

La commissione odierna è stata interlocutoria: c’è stata la riproposizione delle varie posizioni, e c’è stato un normale, logico tentativo di giungere a delle conclusioni, a una sintesi da poter poi approvare sia in commissione che in consiglio. Non è cambiato molto, per la verità. Le due antitesi sono sempre le stesse: chi trova naturale, quasi doveroso, che i consiglieri di quartiere si possano candidare ad elezioni amministrative, visto che si tratta di applicare ad un più vasto ambito quello spirito di servizio che profondono in favore del quartiere. E chi invece pensa che non si possa usare la visibilità derivante dal comitato per avere un trampolino di lancio, una specie di ingiusto vantaggio elettorale nei confronti di chi invece non fa parte dei comitati. Sono due teorie che hanno pari dignità. Certo, la prima è più fiduciosa nella buonafede delle persone, parte dal presupposto che ci sia uno spirito di servizio disinteressato alla base dell’impegno nei quartieri. Mentre l’altra è più guardinga, più attenta a impedire che i comportamenti moralmente inopportuni non diventino anche possibili.

Si arriverà probabilmente ad una soluzione di compromesso tra le due posizioni, essendo sostanzialmente inalterate le tesi emerse nel precedente incontro. Penso siano in pole position le versioni con “sospensione” temporanea dei candidati o anche dell’intero consiglio di quartiere, sospensione che in sostanza coincide con un periodo temporale in cui non vengano effettuate attività tipo assemblee o convegni, salvo quelle programmate per un periodo specifico e caratteristico. Altre cose di cui si è discusso, tipo dimissioni ed uscita ma con successiva possibilità di cooptazione sono parse un po’ macchinose, esagerate per la relativa semplicità dell’ambito in cui ci si trova.

Sentendo le posizioni dei commissari, sono rimasto sostanzialmente del parere che avevo maturato in precedenza. Prima di tutto, mi sembra normale e logico che, nel momento in cui si cercano dei nomi per riempire le liste elettorali, si vada a cercare chi ha dimostrato di volersi interessare della cosa comune con spirito di servizio. Hanno dimostrato passione, hanno maturato esperienza, hanno stabilito un contatto con la popolazione ed i suoi bisogni che potrà essere utile a svolgere la funzione di ambito più ampio, qualora fossero eletti. Se poi queste persone hanno accumulato una certa visibilità nei cinque anni precedenti, non la perderanno certo nei trenta o sessanta giorni di vacatio (che sia sospensione personale, fermo attività consiliare, dimissioni tout court o con cooptazione successiva eventuale, o altre forme di generico oscuramento); oserei dire, meno male che non si viene dimenticati, perché vuol dire che si è operato bene.

Ho sentito pareri che mi hanno lasciato perplesso. Si diceva che chi si candida deve essere responsabilizzato, deve fare una scelta. O si sta nei quartieri, o ci si candida ad altro. Non si può tenere il piede in due scarpe. Posso anche concordare: questo è il regolamento così come è ora. Ma il problema non è di chi si candida: è degli altri, di chi rimane nei consigli di quartiere che magari non hanno più il numero legale per andare avanti. Ecco, se si adotta questa soluzione, le modifiche al regolamento sono molto semplici da apportare: basta che non ci sia più il numero legale, basta cancellare il comma 4 dell’articolo 8 della delibera n° 19 del 25/02/2011. Si può fare, basta volerlo.

Però poi bisognerà anche spiegare perché invece la visibilità che deriva dall’appartenere ad altre associazioni, come le Proloco, le associazioni sportive, culturali, ricreative, sociali, filantropiche, tacendo delle professioni a contatto con il pubblico, questa visibilità dicevo non rappresenti un problema per le candidature. Sembra quasi che fare parte dei Consigli di quartiere debba rappresentare una condizione di ancor maggiore purezza, che si debba essere più realisti del re.

Il problema da risolvere era una questione pratica: se viene a mancare il numero minimo, che si fa, posto che non si vogliono fare nuove elezioni se non a tempo debito e tutti insieme? Le soluzioni possibili sono molte, basta sceglierne una.

Ma mi preoccupa che possa passare il messaggio: i candidati vogliono avere una specie di paracadute, per paura di perdere il “cadreghino” nel quartiere, con tutti i lauti vantaggi che ne conseguono. Si potrebbe persino arrivare a pensare che chi si candida voglia, come dire, lasciarsi una possibilità, … ecco, voglia tenersi il posto in caldo.

Nessun commento:

Posta un commento

Ti ringraziamo se vorrai inserire qui i tuoi PARERI, CONSIGLI, CRITICHE e SUGGERIMENTI o se vuoi semplicemente comunicarci qualcosa.