In principio furono i carciofi. Belli grandi, esposti in parata lungo i bordi della strada, lungo il percorso classico dello struscio quotidiano. Alla sera facevano bella mostra di sé, guardando dall’alto i passanti; al mattino al loro posto malinconici gambi diritti, come stoppie in un campo di grano dopo la mietitura.
Poi le ciliegie, macchie di acceso colore nel verde estivo. Prese d’assalto da torme di ragazzini sbucati dal nulla che senza paura d’essere visti, anzi quasi con sfida, gareggiavano a chi ne coglieva di più, incuranti dei cartelli che indicavano i trattamenti recenti. (Per la verità, anche a noi a quell’età capitava di farlo, ma solo di notte per non essere visti, e buttando giù per questo anche quelle meno mature).
Quindi una serie interminabile di bottiglie di birra vuote, sempre lungo lo stesso percorso, il circuito classico della passeggiata in campagna. Qualcuno, che certo non si intendeva molto di agricoltura, provava a seminarle lungo i fossati di fianco alla strada, ingenuamente pensando che in primavera avrebbero generato piante di bottiglie di birra (ovviamente piene).
Poi i cani, animali che amo anch’io quasi più delle persone, ma che da principio venivano lasciati liberi di attaccare i cagnolini portati al guinzaglio dai loro padroni. E facendo finta di non vedere il divieto all’ingresso, venivano portati nel parco giochi dove erano lasciati liberi di sporcare, secondo la loro natura, negli spazi che avrebbero dovuto essere riservati solo ai bambini. Molti ci segnalavano il rischio, anche per le persone oltre che per gli altri cani, di non tenere fermamente al guinzaglio animali di grossa taglia, senza museruola, liberi di attaccare e fare dei danni seri.
Una probabilmente mai definita attribuzione di responsabilità faceva sì che l’illuminazione del campo sportivo fosse aperta e disponibile a quanti lo desiderassero. I quadri elettrici, sicuramente forzati da qualcuno, permettevano di accendere (sempre) e spegnere (mai) le luci del campo sportivo. Era frequente passare a notte inoltrata e trovare le luci accese, a volte con qualche ragazzino che tirava calci al pallone, a volte senza nessuno. Semplicemente, chi l’aveva accesa non la spegneva. La lodevole vigilanza degli abitanti intorno al campo, che prima di andare a letto controllavano se le luci erano state spente e se così non era provvedevano, non era però ben ripagata dai fruitori del campo (da alcuni, per non generalizzare). Al termine delle loro performances sportive, sia il campo che il parco giochi che la strada erano lasciate con ogni genere di spazzatura per terra, cartacce, bottiglie e quant’altro. Oltre naturalmente agli schiamazzi della truppa di ragazzini che anche dopo mezzanotte restavano in strada a disturbare il meritato riposo delle persone che il giorno dopo avrebbero dovuto lavorare; a volte addirittura sfidando le giuste proteste, tirando pallonate contro i muri e contro gli infissi. Devo onestamente ammettere che, informata della situazione, l’Amministrazione ha assicurato tutto il suo impegno per definire la situazione di campo sportivo e relativa illuminazione; ed infatti per un po’ di tempo ho potuto constatare che le luci erano spente. Recentemente mi è stato riferito che ancora il problema delle luci accese si è ripresentato.
Atti di vandalismo sono stati compiuti ai danni di infrastrutture pubbliche durante la notte di Capodanno. Alcuni botti hanno demolito parte della vetrina della pensilina attesa autobus, alcune vetrate della cabina telefonica, un cartello indicatore della fermata, un cestino per i rifiuti. Il ripristino delle strutture danneggiate da parte dell’Amministrazione è stato immediato, ma i danni ricadono indirettamente su tutti i contribuenti.
In questo ultimo anno mi sono giunte segnalazioni su ogni genere di atti di teppismo e di vandalismi. Spostamento di tombini nella sede stradale, buchi nei muri, scritte da rimuovere, pallonate contro infissi, rotture di serramenti, abbandono di spazzatura, cartacce su strade e piazze, campanelli suonati ben oltre la mezzanotte solo per scherno. Dappertutto un clima di maleducazione, strafottenza, di aperta sfida alle regole ed al buon senso. L’ultima moda, e l’ho vista di persona, sono i ragazzini che in bicicletta, incrociandoti, si buttano in mezzo alla strada, davanti alla tua vettura quasi sfidandoti a metterli sotto. Molti mi chiedono come sia possibile che ragazzini di pochi anni possano girovagare indisturbati (e disturbando) ad un’ora di notte alla quale molti maggiorenni delle nostre leve dovevano già essere rientrati; e questo dopo avere già girovagato per tutta la giornata. Non so come sia possibile; ma deduco che sia in effetti possibile, perché così è.
Prima dei carciofi, tutto questo non esisteva: ed era un bene. Non ha un futuro quella società che non sa darsi delle regole, ma soprattutto che non fa rispettare quelle che ha, per buonismo, per un malinteso senso della solidarietà, per amore del quieto vivere. Non è cattivo chi censura i comportamenti sbagliati, ma chi li permette o li tollera, perché non esercita una funzione pedagogica importantissima per la formazione delle future coscienze.
Non vogliamo repressione o sorvegliati speciali. Vogliamo semplicemente che TUTTI rispettino le regole. Se ci vogliono dei deterrenti per far ciò che questo avvenga, noi siamo qui per chiederli. Una maggiore presenza delle forze dell’ordine a presidio del territorio è il minimo indispensabile per cambiare questo andazzo. La popolazione, quella che rispetta le regole e vuole vivere serenamente, che ci ha votati per rappresentarla nei confronti delle istituzioni, vorrebbe che il nostro quartiere fosse dotato di strumenti di sorveglianza. Telecamere. Probabilmente ci sono alcuni che possono avere remore di ordine psicologico nel dovere sottostare ad una attività di controllo, ma sono strumenti che sono ormai talmente diffusi che nelle nostre normali attività le incontriamo quotidianamente.
In ogni caso, all’obiezione sull’invadenza del mezzo tecnologico, mi sento spesso ripetere: "Male non fare, paura non avere".
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