martedì 16 febbraio 2016

VARIAZIONI SUL TEMA

Cena etnica organizzata dal Comitato di Quartiere di Scaparoni.
E' a scopo benefico - Vi aspettiamo


sabato 6 febbraio 2016

LA LONTANANZA


Ancora una volta dobbiamo sottolineare una nota stonata. Il cancello e la recinzione attorno alla chiesetta portano il segno del passaggio di qualcuno o di qualcosa. Non penso che siano stati travolti dal vento di un paio di sere fa. E neanche che siano stati urtati da un veicolo in transito. Mi viene molto più facile pensare che siano stati oggetto di atti di vandalismo, che siano stati magari abbattuti per poter accedere alla panchina che si trova nel giardino della chiesetta. In ogni caso, proprio perché non sappiamo cosa sia successo, sempre più mi convinco della necessità di un controllo del territorio anche con mezzi di videosorveglianza, per cercare di tutelare almeno le strutture pubbliche o di pubblica utilità.

E’ un capitolo che già avevamo inserito a fine anno nella “Richiesta per l’inserimento nel piano triennale delle opere”, pratica che ci era stata indicata come l’occasione ottimale per evidenziare necessità del quartiere. Se poi ci sia stato un riscontro o almeno una discussione sul tema, questo non lo sappiamo. L’unica cosa certa è che il documento è stato consegnato e protocollato; immagino che ad oggi sia già stato trasmesso al destinatario, anche se non ne ho un riscontro diretto. Magari ne chiederemo conto nella prossima assemblea.

In ogni caso, questo è l’ennesimo episodio di una lunga serie di sgradevolezze occorse nel nostro quartiere, localizzate temporalmente negli ultimi anni. Prima era un borgo rurale, forse persino noioso, ma con una connotazione di senso civico e solidarietà tra gli abitanti. Ora invece sta assumendo i connotati di una periferia urbana con i relativi episodi di degrado e di inciviltà che tutta la popolazione sta riscontrando. I più maliziosi potranno magari osservare che il cambiamento coincide grosso modo con la nascita dei Comitati di Quartiere, ma vorrei convincerli che non c’è un rapporto diretto di causa ed effetto, anzi… con la denuncia dei fatti, con la pubblicazione delle immagini, cerchiamo di sensibilizzare sia il senso civico di tutti (opera improba) sia i provvedimenti delle autorità, in primis dell’Amministrazione Comunale. Poi però non disponiamo di strumenti per intervenire: a quello deve provvedere l’Amministrazione, anche per dimostrare che la distanza fisica che ci separa dal centro città non è anche una lontananza ideale. Ma ci vogliono atti concreti, che siano vigili, telecamere o … panchine.

giovedì 4 febbraio 2016

IL POSTO IN CALDO














(LA PALESTRA parte seconda)

Seconda puntata per la definizione del regolamento dei quartieri.

Nel frattempo, dopo l’ultimo post “la palestra”, è uscito un pezzo su un giornale locale che ha riassunto alcune delle posizioni a riguardo.

La commissione odierna è stata interlocutoria: c’è stata la riproposizione delle varie posizioni, e c’è stato un normale, logico tentativo di giungere a delle conclusioni, a una sintesi da poter poi approvare sia in commissione che in consiglio. Non è cambiato molto, per la verità. Le due antitesi sono sempre le stesse: chi trova naturale, quasi doveroso, che i consiglieri di quartiere si possano candidare ad elezioni amministrative, visto che si tratta di applicare ad un più vasto ambito quello spirito di servizio che profondono in favore del quartiere. E chi invece pensa che non si possa usare la visibilità derivante dal comitato per avere un trampolino di lancio, una specie di ingiusto vantaggio elettorale nei confronti di chi invece non fa parte dei comitati. Sono due teorie che hanno pari dignità. Certo, la prima è più fiduciosa nella buonafede delle persone, parte dal presupposto che ci sia uno spirito di servizio disinteressato alla base dell’impegno nei quartieri. Mentre l’altra è più guardinga, più attenta a impedire che i comportamenti moralmente inopportuni non diventino anche possibili.

Si arriverà probabilmente ad una soluzione di compromesso tra le due posizioni, essendo sostanzialmente inalterate le tesi emerse nel precedente incontro. Penso siano in pole position le versioni con “sospensione” temporanea dei candidati o anche dell’intero consiglio di quartiere, sospensione che in sostanza coincide con un periodo temporale in cui non vengano effettuate attività tipo assemblee o convegni, salvo quelle programmate per un periodo specifico e caratteristico. Altre cose di cui si è discusso, tipo dimissioni ed uscita ma con successiva possibilità di cooptazione sono parse un po’ macchinose, esagerate per la relativa semplicità dell’ambito in cui ci si trova.

Sentendo le posizioni dei commissari, sono rimasto sostanzialmente del parere che avevo maturato in precedenza. Prima di tutto, mi sembra normale e logico che, nel momento in cui si cercano dei nomi per riempire le liste elettorali, si vada a cercare chi ha dimostrato di volersi interessare della cosa comune con spirito di servizio. Hanno dimostrato passione, hanno maturato esperienza, hanno stabilito un contatto con la popolazione ed i suoi bisogni che potrà essere utile a svolgere la funzione di ambito più ampio, qualora fossero eletti. Se poi queste persone hanno accumulato una certa visibilità nei cinque anni precedenti, non la perderanno certo nei trenta o sessanta giorni di vacatio (che sia sospensione personale, fermo attività consiliare, dimissioni tout court o con cooptazione successiva eventuale, o altre forme di generico oscuramento); oserei dire, meno male che non si viene dimenticati, perché vuol dire che si è operato bene.

Ho sentito pareri che mi hanno lasciato perplesso. Si diceva che chi si candida deve essere responsabilizzato, deve fare una scelta. O si sta nei quartieri, o ci si candida ad altro. Non si può tenere il piede in due scarpe. Posso anche concordare: questo è il regolamento così come è ora. Ma il problema non è di chi si candida: è degli altri, di chi rimane nei consigli di quartiere che magari non hanno più il numero legale per andare avanti. Ecco, se si adotta questa soluzione, le modifiche al regolamento sono molto semplici da apportare: basta che non ci sia più il numero legale, basta cancellare il comma 4 dell’articolo 8 della delibera n° 19 del 25/02/2011. Si può fare, basta volerlo.

Però poi bisognerà anche spiegare perché invece la visibilità che deriva dall’appartenere ad altre associazioni, come le Proloco, le associazioni sportive, culturali, ricreative, sociali, filantropiche, tacendo delle professioni a contatto con il pubblico, questa visibilità dicevo non rappresenti un problema per le candidature. Sembra quasi che fare parte dei Consigli di quartiere debba rappresentare una condizione di ancor maggiore purezza, che si debba essere più realisti del re.

Il problema da risolvere era una questione pratica: se viene a mancare il numero minimo, che si fa, posto che non si vogliono fare nuove elezioni se non a tempo debito e tutti insieme? Le soluzioni possibili sono molte, basta sceglierne una.

Ma mi preoccupa che possa passare il messaggio: i candidati vogliono avere una specie di paracadute, per paura di perdere il “cadreghino” nel quartiere, con tutti i lauti vantaggi che ne conseguono. Si potrebbe persino arrivare a pensare che chi si candida voglia, come dire, lasciarsi una possibilità, … ecco, voglia tenersi il posto in caldo.